La domanda, senza girarci troppo intorno, è la seguente:
"What is it about these dopers that you admire so much?"
Vivendo in Irlanda da diversi anni ormai ho sentito parlare di Kimmage in varie occasioni. Lo seguo e in passato ho letto alcuni dei suoi articoli. Ho cominciato a seguirlo con un po' più attenzione dopo aver letto il suo libro, "Rough Ride", nel quale si parla del fenomeno del doping nel peloton del Tour de France degli anni '80 e dove si implica anche un tale Stephen Roche, leggenda del ciclismo irlandese che riuscì in un'impresa che è riuscita tra l'altro a ben pochi nella storia del ciclismo e cioè a vincere Giro (rubandolo a Visentini), Tour e Campionato del Mondo nello stesso anno. Era il 1987 e io che avevo 16 anni e non seguivo per niente il ciclismo di quegli anni ricordo comunque che mio padre era bello incazzato dopo la famosa tappa incriminata da Lido di Jesolo a Sappada.
Comunque, non era di Roche che volevo parlare in questo post e per dovere di cronaca ricordiamo pure che Stephen Roche non è mai stato beccato per uso e consumo di sostanze dopanti, ma sembra che tutti in quel periodo si facessero dei grandi peroni senza problemi...
Nel libro (Kimmage correva come professionista in quegli anni, ma lasciò quasi subito) si parla addirittura di come i ciclisti che si rifiutavano di accettare stimolanti, venissero presi in giro da una parte ed emarginati, se non esclusi dall'altra. Insomma, il motto sembrava essere: "o con noi o senza di noi!".
In questo video, quando Armstrong era ancora una specie di Gesù Cristo che aveva vinto la sua lotta contro il cancro e che a sua volta si batteva per le persone colpite da questo maledetto male, tutti quanti sorridono sotto i baffi, guardano Kimmage come per dire: "guarda che idiota, non è che ti stai facendo un favore cretino!". Alla fine molti applaudono addirittura Armstrong quando fa la battutina e chiede di tornare a parlare del Tour...
Adesso quei giornalisti non credo ridano più, o peggio ancora, scriveranno che loro sono sempre stati dalla parte di quel giornalista di Dublino e che il doping è uno schifo, etc...
Quel giornalista, che ha vissuto l'emarginazione come corridore prima e come giornalista poi e che nonostante tutto è andato avanti, mettendoci la faccia e soffrendo,va applaudito. Gli si deve una standing ovation per la passione, la caparbietà e la forza di andare avanti, alla ricerca della verità (anche contro i giganti e di certo controcorrente), per il bene dello sport che ama, perchè quello stesso sport un giorno si liberi del tutto e per sempre del cancro che lo opprime. Un cancro che si chiama doping.
Well done Paul.
Respect!
il video in questione:
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