Mi viene abbastanza facile intervenire su temi di attualità sui quali posso esprimere le miei opinioni bastonando di qui e trovandomi d’accordo di qua, ma inventarsi un argomento di sana pianta non è cosa alla quale sono avvezzo. Tutto questo per dire che non so da dove cominciare… ehm…
ok, diciamo che comincio con il presentarmi…
Mi chiamo Claudio, nome in codice “Agadenon”. Ho quarant’anni suonati (tra una settimana) e mi sono trasferito in Irlanda alla tenera età di ventinove anni. Ora però prima di andare avanti dobbiamo fare un passo indietro…
Nel 1990 feci per la prima e ultima volta una vacanza allora molto modaiola.. l’interail.. chi se lo ricorda? A dire la verità non so nemmeno se esista ancora. Un modo bellissimo per passare un mese con uno zaino in spalla su e giù per i treni di tutta Europa. Ora, siccome tutta l’Europa Continentale non ci bastava quell’anno decidemmo di fare l’interail + NAVE (si chiamava banalmente così) e optammo per una vacanza piuttosto specifica sia per luoghi che per contenuti… doveva essere infatti una vacanza “celtica”. Prendemmo il treno e partimmo alla volta di Parigi che , direte voi, di celtico non ha un bel niente. Vero, ma è la capitale della Francia e fino a prova contaria la patria dei Galletti Asterix ed Obelix nonchè del Druido Panoramix (chissà che diavolo ci metteva nella mitica pozione il vecchio) … va bene, va bene… mi sto arrampicando sui vetri lo so… La verità è che siccome in vacanza ci andavo con la mia ragazza, a Parigi ero obbligato a passarci.. eh, l’amore…
Tornando alla vacanza celtica, dopo quei pochi anche se certo romantici giorni passati in una mediocre (e sono buono) pensioncina parigina nel bellissimo “Quartiere Latino”, facemmo gli zaini e in fretta e furia partimmo alla volta della Bretagna. Passammo per vari paesini tutti carini e pieni di “charme” come direbbero i francesi e dopo tanto girovagare ci fermammo infine su un’isoletta al largo di Roscoff: l’Ile de Batz. L’isola era un posto dimenticato da Dio dove c’era un campeggio con due tendoni comunitari e un centro per lo studio delle maree. Ricordo che la mattina si facevano addirittura dei corsi sulle maree.. raggiunto Le Mont Saint Michel, avrei poi capito perchè i “Bretonnes” passano così tanto tempo a cercare di comprendere i misteri che si nascondono dietro il salire e scendere del mare.. da quelle parti infatti tale scienza ha sicuramente enormi applicazioni pratiche nella vita di tutti i giorni. Le onde arrivano all’improvviso e non è certo carino trovarsi 2 KM al largo della costa a giocare con la sabbia nel giorno e all’ora sbagliata… (a meno di non avere una tavola da surf o per lo meno un salvagente!) Se non avete mai avuto il piacere, vi invito vivamente a fare un giro in questo posto meraviglioso. Non cercate di imboscarvi all’interno la notte però se non volete essere svegliati malamente e buttati fuori a calci da simpatici gendarmi con i baffetti…
Ci innamorammo del posto e restammo per ben cinque giorni. In quello stesso periodo sull’isola c’era anche un raduno di musicisti per un festival di musica tradizionale (celtica naturalmente) e tra organetti, flautini e birra passammo veramente una fantastica settimana. Tuttavia, passati i cinque giorni, anche il più immobile degli stanziali se ne sarebbe andato.. e così decidemmo di fare uso del nostro interail + NAVE e andare – FINALMENTE – dove avevamo voluto andare sin dall’inizio della vacanza… l’Irlanda con le sue fate e i suoi folletti era davanti a Noi.
Partimmo da Roscoff e arrivammo a Rosslare, nel South East, dopo 21 ore di viaggio. Decidemmo di fare piu o meno brevi tratti, vedere poche cose, ma vederle bene… Saremmo rimasti nell’isola incantata per 13 giorni.
Chi lo avrebbe mai detto.. il ricordo di quel viaggio, oltre dieci anni dopo, avrebbe cambiato la mia vita…
Prima tappa: Cork
Ricordo poco di Cork.. ricordo la cattedrale e l’incontro con il mio “amico di penna” Michael Healy. Michael era stato il mio professore d’inglese durante una delle mie “vacanze-studio” in Inghilterra, precisamente a Colchester. Era senza dubbio un personaggio; Fervente cattolico e politicamente di estrema destra Michael aveva due orecchie enormi (per questo lo avevamo soprannominato Dumbo poveraccio), era brutto come un pugno nello stomaco, pallido e aveva due guance rosse come due peperoni. Nelle sue lettere non parlava altro che di Hitler, di Mussolini e del Papa polacco e anticomunista, che Dio aveva voluto a capo della Chiesa Apolstolica per sconfiggere il regno del male. Dopo qualche anno di corrispondenza, per ovvi motivi, gli argomenti si esaurirono, ma volli comunque incontrarlo. L’incontro fu breve, ma il suo aspetto e la sua eccentricità riempirono il gruppo di allegria. Dopo un breve giro per la città e una bella pinta di Guinness ci lasciammo con la promessa (mai mantenuta) di restare in contatto… Chissà dove sarà finito il buon vecchio Michael.. L’altra cosa che ricordo ed è sicuramente degna di menzione è sicuramente la reazione mia e di tutti gli altri di fronte al buffo “cork accent”.. Parlavano davvero inglese questi Corkonians o si trattava piuttosto di un rozzo dialetto locale?
A distanza di quasi ventun’anni da quel primo viaggio nella “Rebel County”, la gente dice che ho l’accento di Cork quando parlo inglese… Significa che da allora di strada ne ho fatta…
Seconda Tappa: Killarney
A Killarney mi è capitato di vedere qualcosa, che avrebbe profondamente influenzato la mia visione dell’uomo tedesco per sempre… Eravamo in un bellissimo ostello che dava sul Parco.. non ricordo il nome, ma era una bellissima costruzione, antica e con un fascino tutto particolare. Ma andiamo al punto… i tedeschi. Ebbene… io, la Roby e il Grancio ci facciamo strada nella cucina dell’ostello armati fino ai denti (da bravi italiani all’estero) di tutto il necessario per una bella e da tanto agognata pastaciutta. Io, control freak da sempre, nonchè cuoco da strapazzo mi offro volontario per preparare con amore una prosaica pasta al sugo. Dopo aver preso una pentola nella cucina ed averla riempita di acqua fresca, mi metto all’opera.. metto quindi la pentola sui fornelli, accendo il fuoco e la copro con un coperchio raccimolato da qualche parte per accellerare l’ebollizione. Il tedesco di fianco a me, vista l’acqua bollire (la sua) decide che il momento è giunto per “buttare la pasta”. Lo guardo con un po’ d’invidia e saluto cortesemente, ma il nostro amico teutonico fa solo un cenno e poi si allontana dalla cucina. Non ha nemmeno girato lo spaghetto… ma questo, vi assicuro, non è niente rispetto a quello che sta per accadere. Dopo un po’ il pacioccone torna, gira la pasta in quattro e quattrotto e comincia a parlare (in tedesco) con il suo compagno di viaggio ed io faccio lo stesso. Me la chiacchiero piacevolmente con i miei, mentre siamo tutti intenti a preparare un bel sughetto appetitoso. Passano circa 10 minuti, o forse addirittura 15 minuti… poi finalmente mi rendo conto e dico tra me e me: 15 minuti per uno spaghetto? azz… Mi giro e con modi gentili ed un sorriso pieno di speranza dico al tedesco: amico, guarda che la pasta ormai è cotta… ti conviene scolare altrimente scuoce… il tedesco, chiaramente infastidito dalla mia intrusione, mi risponde che non è ancora tempo e che a lui la pasta gli piace ben cotta…. a lui! Passano altri 10 minuti ed io inorridito rimango del tutto immobile quando lo vedo finalmente scolare una massa ormai informe che, anche con tutto l’amore del mondo, difficilmente potrebbe essere chiamato un piatto di spaghetti. Il tedesco sistema il pastone nei due piatti, tira fuori un tubetto di ketchup e, che ci crediate o no, ce lo svuota sopra. La poltiglia al ketchup è pronta. L’altro tedesco (il complice) aspetta al tavolo con due belle tazze di cappuccino caldo.
Terza tappa, Galway.
A Galway sembrava di essere in una dimensione altra, fuori dal mondo in un certo senso. La città che mi ha colpito di più tra quelle toccate nella 13 giorni di tour. Di Galway ricordo la bellezza dell’oceano, i prati verdi e lo Spanish Arch. E le passeggiate in bicicletta tra le mucche su queste strade dove mancavano solo le automobili… Uno spettacolo.
Quarta ed ultima tappa, Dublino.
Era il 1990, l’estate della coppa del mondo, l’estate delle “notti magiche aspettando un gol” e il gol arrivò proprio contro gli irlandesi e proprio durante quella breve sosta a Dublin. Salvatore Schillaci, nome di battaglia Totò, era arrivato dal nulla, ma quell’estate del 1990 tutti in Irlanda parlavano di Lui quando nei quarti di finale buttammo fuori dalla corsa per la coppa i “boys in green” con un suo gol “rubato” su una ribattuta del portiere dopo una sassata di Donadoni…
Ecco, camminare per le strade di Dublino quella sera di ritorno all’ostello, non fu molto piacevole… e della capitale, in genere, non ho effettivamente un gran ricordo. Forse anche per questo il 13 Gennaio del 2001 quando decisi di tornare in Irlanda per fare un’esperienza di lavoro decisi di non andare a Dublino, nonostante le opportunità di lavoro nella grande città fossero sicuramente molte di più che in qualsiasi altra città dell’isola. Ma l’istinto alla fine mi ha guidato bene… ora lo posso dire
Questo post è solo una breve introduzione o forse una premessa necessaria per l’esistenza stessa di questo blog… Quando comincio ci prendo gusto, però per ora è meglio se mi fermo qui….
’till next time
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